7 agosto 2010

Orecchini repubblichini

Uno legge Repubblica.

(Chè già mi ero ripromesso di comprare solo la Stampa, dal 31esimo giorno delle dieci domande, ma l'abitudine è una brutta bestia.)

Leggo Repubblica, dicevo.
E a pagina 30, accanto all'Amaca di un fantastico - come al solito, del resto - Michele Serra, m'imbatto in un fondo di Giovanni Valentini (peraltro segnalato anche da Il Post):
Che cosa c’entra dunque l’orecchino con la sua aspirazione a guidare il governo nazionale? Quale valore può avere un simbolo del genere rispetto a una tale carica istituzionale, agli occhi di un’eventuale maggioranza di centrosinistra e ancor più di un’eventuale opposizione di centrodestra? Non c’è il rischio che venga strumentalizzato dai suoi rivali e denigratori? E infine, esistono nel mondo occidentale altri premier, più o meno progressisti, che sfoggiano un monile del genere?

Chiudo gli occhi.
Li riapro.
L'articolo è ancora lì.

Io credo solo che il giornale progressista più importante e più letto d'Italia dovrebbe avere una sensibilità e uno spessore culturale un po' più grandi di quelli di mio padre.
Per il resto, cà va sans dire, scrivete un po' quello che vi pare.

P.S. Tra le tante cose che mi ha ricordato Valentini, c'è anche questa:
Ti ammonisco di non farti notare - come chi non desidera migliorare ma apparire - per qualcosa di strano nel tuo comportamento o nel tuo modo di vivere. Evita usanze selvagge, i capelli lunghi, la barba trasandata, l'odio conclamato per la ricchezza e qualunque cosa porti all'apparire grazie a una strada perversa.

E' Seneca, vergognosamente tradotto dal sottoscritto.
E Seneca, a me, sta abbastanza sulle scatole.

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