20 agosto 2010

Cara Larivera

Cara Larivera, non ti ho mai scritto prima.
Un po' perchè non ne avevo mai sentito il bisogno, un po' perchè è anche inutile, un po' perchè ti conosco da poco.

Perchè, cara Larivera, io non ho mai preso i tuoi autobus fino a qualche tempo fa.
Pensavo che il "pullman" fosse abbastanza scomodo, che il terminal fosse troppo lontano dal centro, che "poi chissà cosa ci trovo, lì sopra".

Cara Larivera, io sbagliavo. Ovviamente.
Io sbagliavo, e lo ammetto.

L'autobus è una gran figata.

Perchè non è affatto scomodo, perchè il terminal - alla fin fine - non è così lontano dal centro, perchè lì sopra non c'è quasi mai niente di strano.

Cercare orari su internet, andare sul corso, dare 75 centesimi all'autista, sedersi, prendere un bel libro, leggere, ritrovarsi a Campobasso.

Tutto molto semplice, tutto molto facile, tutto molto lineare.

Però cazzo, cara Larivera.
Una cosa.
Una sola cosa.

Se cambi gli orari, DEVI AVVERTIRE.

Chè non mi va di aspettare mezz'ora sotto la bachina, con un caldo porco e la voglia matta di essere lì, all'ombra di un motore, a godermi l'aria condizionata, ascoltando radio 105 e leggendo Zafon.

DEVI.
AVVERTIRE.

Altrimenti torno a chiedere il passaggio ai miei.
E a farcirmi la testa di pregiudizi sugli autobus, mai in orario. E sul terminal, che è lontano dal centro. E sulla pulizia.

Che chissà cosa ci trovo, lì sopra.

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