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11 gennaio 2011

Dialoghi surreali

- Sei oltre San Francesco, te.
- San Francesco mi piace tanto. Non aveva paura nemmeno dei lupi. Vorrei tanto riuscirci pure io.
- Sì, San Francesco era decisamente un figo. Peccato per la questione delle stimmate, lì si è commercializzato.
- Dici?
- Per non contarte gli scandali sessuali con Santa Rita.
- Ma non era Santa Chiara? Va beh, non gli si può dare nemmeno tutta la colpa, pover'uomo.
- Eh, infatti fu un brutto momento, per Santa Chiara.
Ma alla fine perdonò il marito, acquistò popolarità e venne sconfitta di un nulla alle primarie del partito dei teodem per l'elezione del candidato-papa. Sconfitta da colui che, dopo aver sconfitto un vecchio martire che si  era miracolosamente salvato dal rogo, sarebbe diventato il primo papa nero della storia.
- Ma sei sicuro?
- Guarda, ti evito tutta la storia dello scandalo delle indulgenze, della riforma del sistema purgatorio e della sconfitta di papa Barack-o Pietro II, come si era fatto chiamare-alle elezioni di medium terminis ( per la stampa locale un'apocalisse ). Ma solo perchè sarebbe troppo lungo raccontarla.
-Mi hai fatto scrivere "papa Verga" sul libro di letteratura.

14 settembre 2010

Moving forward

Pensavi di essere cambiato, eh?
Che leggere un paio di libri in più ti potesse far sentire meglio. Che conoscere un po' di gente significhi "crescere". Che "sì, ho 17 anni ma non sono come gli altri".
Sono più maturo, io. Eccheccazzo.
Pensavi fosse finito il tempo dei puntini, e dei "sono un bastardo misantropo che non riesce a relazionarsi con il mondo senza fare casini". Pensavi che non fosse più il momento dei "non è il momento"?
Pensavi che i Pink Floyd non fossero più, per te, la bibbia del 20esimo secolo, ma solo il tuo gruppo preferito?
Pensavi che le cose che scrivi siano decentemente leggibili?
Lo pensavi, eh?

Sì. Lo pensavo.
E nonostante tutto. Nonostante oggi, e le amicizie buttate via, e le figuracce, e le delusioni di chi non vorresti deludere, e il mio tornare a mangiare da far schifo e un'asta del fantacalcio abbastanza orrenda,  lo penso ancora.

Mi sono fermato.
Mi sono girato indietro. Mi sono rivisto 13enne imbranato che non sa cosa fare.

Ma da domani si ricomincia.
Si ricomincia a cambiare.
Si ricomincia a crescere.

2 settembre 2010

Nudisti - puntata 5 - Determinismo

Chè la filosofia, purtroppo, non è la mia materia preferita.
Non so se per colpa della mia professoressa, del mio libro, degli autori che ho studiato, della struttura del mio diavolo di cervello.
Non lo so. E’ che proprio non riesco ad appassionarmi al pensiero politico di Platone, alla teoria delle monadi, alla scommessa pascaliana.
Ehi, intendiamoci. Non è che non le studi, non è che non mi piacciano. E’ solo che non riesco ad appassionarmi.

E’ molto, molto più facile essere attratti dalla storia, ad esempio. Perché la storia, tutto sommato, è una grande favoletta. Dicono che la storia sia maestra di vita, dicono che serva a comprendere gli errori del passato per non sbagliare più nel futuro.
Stronzate. La storia è bella perché ci fa tifare. Per una parte o per l’altra.
Perché nella guerra 15-18 teniamo Italia e la vediamo vincere alla fine del paragrafo. Perché i rivoluzionari francesi l’hanno data su a quello stronzo di Luigi XVI, perché proviamo tanta compassione per i poveri operai inglesi del 1839.
Ma va beh, come al solito l’ho presa lunga.

La filosofia, dicevo, non è la mia materia preferita. Ma se affrontata in un certo modo, mi piace. Perché, a volte, anche la filosofia diventa favoletta. Perché, a volte, anche nella filosofia bisogna prendere posizione.
Credente o ateo? Pragmatista o idealista? Marxista o liberale? Relativismo o verità assoluta?
Prendiamo posizione, e cerchiamo di trovare nell’avversario il suo punto debole.
Tipo quella volta che cominciai a odiare profondamente Parmenide, trovando falle in ogni singola parola generata dal suo perverso pensiero. Contestando il fatto che un tizio che afferma di non dover seguire la strada della negazione definisca il suo stramaledettissimo “essere” solo per mezzo di litoti.
L’essere non è possibile che non sia. Non è mobile. Non è “due”. Non è mortale.
Mi sta sulle palle, Parmenide. Non ci posso far niente.
Comunque.

Il grande conflitto filosofico che da sempre mi appassiona un po’ di più è quello tra deterministi e fautori del libero arbitrio.
Ok, forse mi tocca dire cosa diavolo significhi “determinismo”. E Wikipedia docet abbastanza bene, in questo caso.
Il determinismo è l'idea che tutte le cose che accadono nel presente e nel futuro sono una conseguenza necessaria dagli eventi precedenti.
 
Io da piccolo ero determinista. Ancora non sapevo chi diavolo fossero Democrito, Lucrezio, Epicuro o Spinoza, ma condividevo perfettamente il loro pensiero.
Ero convinto che esistesse un universo per ogni singolo istante della nostra vita. Che esistessero milioni, miliardi di universi in cui vivere hinc et nunc. E che il tempo fosse solo il passaggio di una persona da un universo all’altro.
Con gli altri universi già scritti, ovviamente.

Pensavo che non importasse quale decisione si prendesse. Pensavo che – no – mettere i calzini di un colore piuttosto che di un altro non portasse a nessuna conseguenza vitale sugli altri.
E’ tutto già scritto. Punto.
Chè voi starete pensando: chissà che diavolo di tipo deve essere ‘sto cater3, se già a 10 anni si faceva ‘ste gran pippe mentali?
Avete ragione voi, ma dovete sopportarmi.

Comunque, poi ho cambiato idea.
Un po’ perché pensare che le cose succedono perché devono succedere e basta non è determinismo. E’ fatalismo. Un po’ perché vivere una vita pensando che non contino nulla le tue scelte non è facile. Soprattutto a 15 anni.

Però a me l’idea degli universi “hic et nunc” continua ad affascinarmi.
Perché, sì, ok.
Significa annullare il potere delle scelte, e eliminare in un secondo tutti gli stupidi preconcetti dell’homo faber fortunae suae.

Ma significa anche che tutti i momenti della nostra vita sono stati progettati per portare a qualcosa. Per portare a un singolo momento. Significa che tutti i tuoi 45 anni sono stati spesi per arrivare a quell’aumento di stipendio che sognavi da 25. Che tutti i tuoi 87 anni sono stati impiegati per arrivare a quel sorriso della tua nipotina. Che ogni singolo, lurido, istante della tua infelicità ti ha condotto a questo momento di massima gioia.

Che ogni film che hai visto, ogni libro che hai letto, ogni pagina che hai studiato.
Ogni festa in famiglia, ogni stupida canzonetta sentita, ogni chicco d’uva mangiato.
Ogni conversazione con sconosciuti su facebook, ogni trasmissione ascoltata, ogni pezzo da sei minuti scritto.

Ogni singolo momento della tua vita è servito a quelle due ore.
A quelle due ore di pura, infantile gioia.

Chè non esiste un termine migliore per definire questa sensazione.
Perché qualcuno potrebbe dire che è amore, ma non è la stessa cosa.

Due ore di assoluta perfezione. E tutta la vita per arrivarci.

1 settembre 2010

This post is about you

E poi mi trovo a leggere delle righe.
Che sembrano d'addio. Che forse sono d'addio.
You're so vain you probably think this post is about you, avrebbero potuto concludersi quelle righe. Con una citazione un po' inflazionata, ma che ci sta sempre bene. Forse.
Forse.
Sì, sono così inutile da pensare che probabilmente quelle righe si riferiscano a me.
Perchè prima o poi le strade si dividono. Perchè gli amici non sono fratelli. Perchè, sì, forse è arrivato il momento di cambiare raccordo.
Forse era già arrivato tempo fa.
Credo che la nostra amicizia si trascinasse, stanca e appesantita, già da un po'. Già da tanto.
Forse.
Siamo andati avanti molto tempo per inerzia, per abitudine, per fare qualcosa. Anche quando il senso si era ormai perso.
Continueremo ad andare avanti, probabilmente.
Passerà la tua amarezza, passerà il mio rancore per la tua amarezza.
Forse.
O forse no.
Troppo tempo è passato dalla prima volta che ci siamo conosciuti. Una prima volta che nemmeno ricordo. Sono cambiate tante cose. Forse troppe cose.
Forse.
E' sempre stato un rapporto del "forse", il nostro.
Almeno per me.
"Forse questo non dovrei dirlo, se la voglio contenta. Forse questa canzone potrebbe piacerle. Forse è inutile proporle quel film."
"Forse dovrei dirle tutto ciò che sento".
Forse no.
Ho finito per decidere per il "forse no".
E non far finta che non sia così, anche tu hai finito per decidere la stessa cosa.
Ridere alle battutine su di noi, invece di ricambiare il mio sguardo da cane bastonato.
Non fare mai un passo avanti.
Adesso, amice, non possiamo andarcene via sbattendo la porta.
Come se ci sentissimo delusi.
Come se quella stupida, stupidissima notizia fosse caduta dal cielo, inaspettata.
Amice.
Forse non arriverai nemmeno a vederle, queste parole.

Stamperò il tuo post che credo parli di me. Lo metterò vicino a tutti i bigliettini di auguri, vicino ai biglietti del cinema.
Li leggerò quando avrò voglia di far finta di avere dei bei ricordi.
E mi mancherai.

21 agosto 2010

Pensiero profondo del pomeriggio/3

Alla fine non è tanto cosa fai.
Ma con chi lo fai.