A me i tipi come te fanno impazzire.
Sai, quelli che quando li vedi non puoi non pensare "ma perchè?".
Ma perchè una bella donna, sueggiù trentacinquenne, che ha studiato filosofia, fa così?
Ti capisco, io. Ti capisco davvero.
Amore per il mondo ma disprezzo per l'umanità, forse.
Rivalutazione dell'apparenza.
O magari non so cos'altro, ma ti capisco.
Ti capisco, e capisco la tua buona fede.
Il messaggio era di pensare con la propria testa, senza lasciarsi attirare dal pensiero massificato dei nostri tempi squallidi, dai quali si vede che cerchi di fuggire. Con la tua ultima gonna lunga fuori moda. Con la tua collanona bianco-verde-rossa da 10 euro alla bancarella del corso.
E non era un cattivo messaggio, eh.
Oddio, magari se ne son visti di migliori. Se non altro di più originali.
Però davvero di fondo andava bene.
E capisco anche le tue difficoltà.
Il doverti dare un tono, chè a 35 anni e da appena arrivata nel liceo non è poi così facile.
Lo gestire così tante persone, chè 25 pazzi in una classe sono tanti, troppi, checchè ne possa dire qualche pazzo ministeriale.
I possibili commentini sulla tua presunta vita sessuale, chè quelli ci sono sempre, e immagino tu lo sappia, e immagino ti diano fastidio.
Quindi, davvero, te lo ripeto. Lo capisco.
Ma come puoi non accorgerti che il tuo messaggio non può passare, così?
Che non si può predicare di pensare liberamente per poi soffocare qualunque forma di espressione non autorizzata da te?
Come puoi non capire che impedire a una persona di - chenneso - andare in bagno perchè-non-l'hai-chiesto-da-posto non ti fa sembrare più autorevole, ma solo ridicola?
Che ogni "shh, ragazzi, epperfavore" è un passo verso l'incomunicabilità?
Che i tuoi 9, che i tuoi "allora in gamba, eh" -con quelle premesse- diventano non uno sprone ad andare avanti ma nient'altro che uno dei soliti complimenti di terza fascia da professore immerso nel suo mondo ad alunno sprofondato nel suo altro mondo?
Boh, peccato.
Peccato perchè magari il tempo avrebbe cambiato le cose.
Perchè, alla fine, la risposta al "perchè fai così" è una sola.
La più banale, la più grave.
Perchè non te ne rendi conto.
E mi dispiace. Davvero.
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22 dicembre 2010
16 novembre 2010
Message in a bottle
Perchè voi ragazzi non avete materialmente il tempo di pensare.
Vi alzate, fate la doccia, venite a scuola.
Tornate a casa, studiate.
Al massimo fingete di divertirvi con il solito gruppo di amici.
Tornate a casa, fate la doccia, mangiate, andate a letto.
E nessun momento per voi stessi. Nessun momento per lasciarvi andare.
Voi ragazzi siete talmente occupati che, se mai vi capitasse di avere un giorno libero, cerchereste di occuparlo in ogni modo.
Siete lì, a darvi delle scadenze. Ad investire su voi stessi.
A pensare al futuro, che non è pensare.
A pensare al presente, che non è pensare.
No, ragazzi. Lo so che state scuotendo la testa. Non è che vi manca il tempo.
Vi manca proprio l'attitudine.
Io non voglio fare quello che implora il ritorno dei bei tempi andati, ma a me sembra che voi non abbiate il coraggio, nè la voglia o la capacità di fermarvi.
Di prendere una sedia e sedervi a un tavolino, buttando giù due righe su di voi con una penna stilo in mano.
Due righe su cosa VOI vorreste dalla vostra vita. Su quale piega farle prendere.
O su cosa, banalmente, vorreste mangiare domani.
Perchè voi ragazzi dovete studiare. Dovete avere una vita sociale decente. Dovete accontentare i vostri genitori.
Dovete passare del tempo a casa, chè se no pare brutto.
Dovete, dovete, dovete.
Scuola, famiglia, amici.
Dovete.
Ma ragazzi, per favore. Ora basta.
Guardatevi intorno.
Fermatevi.
Ora.
Dovete farlo, ragazzi.
Vi alzate, fate la doccia, venite a scuola.
Tornate a casa, studiate.
Al massimo fingete di divertirvi con il solito gruppo di amici.
Tornate a casa, fate la doccia, mangiate, andate a letto.
E nessun momento per voi stessi. Nessun momento per lasciarvi andare.
Voi ragazzi siete talmente occupati che, se mai vi capitasse di avere un giorno libero, cerchereste di occuparlo in ogni modo.
Siete lì, a darvi delle scadenze. Ad investire su voi stessi.
A pensare al futuro, che non è pensare.
A pensare al presente, che non è pensare.
No, ragazzi. Lo so che state scuotendo la testa. Non è che vi manca il tempo.
Vi manca proprio l'attitudine.
Io non voglio fare quello che implora il ritorno dei bei tempi andati, ma a me sembra che voi non abbiate il coraggio, nè la voglia o la capacità di fermarvi.
Di prendere una sedia e sedervi a un tavolino, buttando giù due righe su di voi con una penna stilo in mano.
Due righe su cosa VOI vorreste dalla vostra vita. Su quale piega farle prendere.
O su cosa, banalmente, vorreste mangiare domani.
Perchè voi ragazzi dovete studiare. Dovete avere una vita sociale decente. Dovete accontentare i vostri genitori.
Dovete passare del tempo a casa, chè se no pare brutto.
Dovete, dovete, dovete.
Scuola, famiglia, amici.
Dovete.
Ma ragazzi, per favore. Ora basta.
Guardatevi intorno.
Fermatevi.
Ora.
Dovete farlo, ragazzi.
8 ottobre 2010
8 ottobre
Non lo so.
Non l'ho mai saputo.
C'è stata questa cosa dell'8 ottobre, no? Io lotto l'otto ottobre.
Io l8 l'8 8bre, per la precisione.
(Chè sull'efficacia e sulla comprensibilità di certi slogan uddiessini bisognerebbe farci un post a parte, ma va beh.)
C'è stata questa manifestazione.
A cui ho aderito, eh.
Perchè ci credo.
Perchè credo che tagli così drastici non possano essere sostenibili.
Perchè penso che le nostre scuole siano troppo vecchie.
O forse per volontà di conformarmi a dei modelli.
Giusto un po', eh.
Hai voglia a dire "completa indipendenza di pensiero".
La verità è che abbiamo bisogno di modelli come del caffè.
Come delle caramelle dell'equo e solidale che se non ne mangi almeno tre al giorno ti senti male e vai a vomitare.
La verità è che ci regoliamo in base a loro in ogni occasione.
Leggiamo i libri che ci vengono prestati. Ascoltiamo i pezzi che piacciono alle persone che stimiamo. Ci vestiamo come si vestono loro.
Scriviamo come scrivono loro.
Perchè -sì, cazzo- il "perchè" a inizio frase l'ho preso dal Caccia. Che magari l'ha preso dall'autore di una filastrocca che gli piaceva tanto. Che l'aveva preso da - chenneso - una pagina di Svevo. Che l'aveva preso da Joyce che l'aveva preso da Milton che l'aveva preso da Virgilio che l'aveva preso da Omero che l'aveva preso da suo cugino.
Il "chè" accentato da Bordone.
Tutti 'sti andare a capo inutili da Palahniuk.
Chè poi uno magari a forza di assimilare tante cose da tante persone riesce pure a crearsi un proprio stile.
E io ci provo, eh.
Ma hai voglia a dire "completa indipendenza di pensiero".
Comunque non volevo parlare proprio di questo.
A me, in realtà, le manifestazioni non sono MAI piaciute più di tanto.
Sì, ci si andava.
Un po' perchè è bello sentirsi persi nella folla.
Un po' per provare a conoscere nuove persone.
Un po' per sondare il clima e cercare di capire perchè 'sto cazzo di corteo sia stato organizzato, stavolta.
Ma mai impazzito per i pogatori assassini, mai over the moon per i Bella Ciao, mai emozionato per i cento passi, mai preso da "Legalizacion"
E non fraintendetemi. Tanto rispetto per i partigiani, bravi gli Ska-p, e Peppino è uno dei miei eroi personali.
Eroe nel vero senso della parola.
Ma mai impazzito.
Poi che succede?
Succede che quei tizi fighi, oltre a essere tizi fighi che però più di tanto non ti riescono a dire, diventino tuoi amici.
La tua famiglia, forse.
Succede di capire che quella facciata di Ska-P è - appunto - solo una facciata.
E che dietro quei "che ne faremo delle camicie nere?" c'è un mondo più grande.
Più complesso.
Più tuo.
Succede di capire che quelle persone ci stanno provando davvero a costruire qualcosa di bello.
Di migliore.
O magari no.
Magari non di migliore, ma di più simile a loro.
Di più simile a noi.
Non l'ho mai saputo.
C'è stata questa cosa dell'8 ottobre, no? Io lotto l'otto ottobre.
Io l8 l'8 8bre, per la precisione.
(Chè sull'efficacia e sulla comprensibilità di certi slogan uddiessini bisognerebbe farci un post a parte, ma va beh.)
C'è stata questa manifestazione.
A cui ho aderito, eh.
Perchè ci credo.
Perchè credo che tagli così drastici non possano essere sostenibili.
Perchè penso che le nostre scuole siano troppo vecchie.
O forse per volontà di conformarmi a dei modelli.
Giusto un po', eh.
Hai voglia a dire "completa indipendenza di pensiero".
La verità è che abbiamo bisogno di modelli come del caffè.
Come delle caramelle dell'equo e solidale che se non ne mangi almeno tre al giorno ti senti male e vai a vomitare.
La verità è che ci regoliamo in base a loro in ogni occasione.
Leggiamo i libri che ci vengono prestati. Ascoltiamo i pezzi che piacciono alle persone che stimiamo. Ci vestiamo come si vestono loro.
Scriviamo come scrivono loro.
Perchè -sì, cazzo- il "perchè" a inizio frase l'ho preso dal Caccia. Che magari l'ha preso dall'autore di una filastrocca che gli piaceva tanto. Che l'aveva preso da - chenneso - una pagina di Svevo. Che l'aveva preso da Joyce che l'aveva preso da Milton che l'aveva preso da Virgilio che l'aveva preso da Omero che l'aveva preso da suo cugino.
Il "chè" accentato da Bordone.
Tutti 'sti andare a capo inutili da Palahniuk.
Chè poi uno magari a forza di assimilare tante cose da tante persone riesce pure a crearsi un proprio stile.
E io ci provo, eh.
Ma hai voglia a dire "completa indipendenza di pensiero".
Comunque non volevo parlare proprio di questo.
A me, in realtà, le manifestazioni non sono MAI piaciute più di tanto.
Sì, ci si andava.
Un po' perchè è bello sentirsi persi nella folla.
Un po' per provare a conoscere nuove persone.
Un po' per sondare il clima e cercare di capire perchè 'sto cazzo di corteo sia stato organizzato, stavolta.
Ma mai impazzito per i pogatori assassini, mai over the moon per i Bella Ciao, mai emozionato per i cento passi, mai preso da "Legalizacion"
E non fraintendetemi. Tanto rispetto per i partigiani, bravi gli Ska-p, e Peppino è uno dei miei eroi personali.
Eroe nel vero senso della parola.
Ma mai impazzito.
Poi che succede?
Succede che quei tizi fighi, oltre a essere tizi fighi che però più di tanto non ti riescono a dire, diventino tuoi amici.
La tua famiglia, forse.
Succede di capire che quella facciata di Ska-P è - appunto - solo una facciata.
E che dietro quei "che ne faremo delle camicie nere?" c'è un mondo più grande.
Più complesso.
Più tuo.
Succede di capire che quelle persone ci stanno provando davvero a costruire qualcosa di bello.
Di migliore.
O magari no.
Magari non di migliore, ma di più simile a loro.
Di più simile a noi.
22 agosto 2010
I must
Io odio i compiti in classe. Le interrogazioni.
"Sai che novità", direbbero i miei 3 lettori.
Avete ragione anche voi, ma una piccola parentesi ci vuole.
Amo la scuola, stare insieme a 24 ragazzi della mia stessa età per mezza giornata, apprendere, discutere.
Crescere, sotto un certo punto di vista.
Però.
Però ci sono i compiti in classe. Le interrogazioni.
Le verifiche.
Perchè il concetto è sempre quello. Dobbiamo controllare come cresci, cosa apprendi. Dobbiamo starti dietro.
Mica possiamo lasciarti credere che la vita poi sia così facile.
Mica devi crescere.
Devi studiare. Inglobare concetti e regolette, saperli applicare.
Odio i compiti in classe, le interrogazioni, perchè a volte mi fanno odiare qualcosa che amo.
E sono molti, i professori a pensarla come me.
Alcuni te lo fanno notare, altri no.
Alcuni concepiscono il momento della verifica come un ripasso.
Altri se ne fregano.
Devono farlo. Lo fanno. Ma si vede che la loro mente propenderebbe verso altro.
Verso lo stare con 25 ragazzi più giovani per cambiarli. Per migliorarli. Per discutere.
Per farli crescere, sotto un certo punto di vista.
Comunque.
Ci sono diversi gradi di odio per le verifiche.
Vuoi mettere un tema d'italiano con un' interrogazione di storia?
Una versione di latino con biologia?
Un colloquio di filosofia con un compito d'inglese?
I compiti d'inglese.
Eh, sì. I compiti d'inglese.
Perchè all'odio verso il compito in sè, lì si aggiunge anche l'odio verso il modo in cui sono insegnate le lingue.
Perchè a scuola non si insegna l'inglese, ma - se tutto va bene - le regolette dell'inglese.
Si dice "if I were", non "if I was". E se dici "if I was" è l'errore più grande della tua vita.
Bullshit.
Sì, ok. In teoria la forma corretta è "if I were".
Ma solo le vecchiette di 65 anni, in testa classico cappello piume-frutta, vestitino arzigogolato sixty-five pounds Harrods, effettivamente lo dicono.
O tutte quelle inutili differenze tra present perfect e present perfect progressive. Chè "I have lived" o "I have been living" non significa la stessa cosa, secondo loro.
In ogni caso.
C'è una regoletta inutile dell'inglese che, nonostante tutto, mi piace.
Ed è quella relativa al "dovere".
Must.
Have to.
Perchè, secondo le professoresse d'inglese delle medie e qualche omino formato "accademia della crusca oxfordiana", c'è una differenza.
"Must" indica un dovere morale. "Have to" qualcosa di imposto dall'esterno.
Ecco, questa cosa mi ha sempre affascinato.
Perchè molto probabilmente, se in inglese non ci fosse questa sfumatura, io non c'avrei pensato.
Che ci sono due forme di "dovere", intendo.
Che ci sono i "must" e gli "have to".
E che dovremmo cercare di riempire la nostra vita di "must". Di "I must".
Rifiutare tutti gli "have to" del caso, e concentrarsi solo su ciò che riteniamo giusto. Su ciò che dobbiamo fare perchè sentiamo di dover fare.
And fuck all the bloody rest, aggiungerebbero i britannici.
(Ma non la prof. delle medie, ovviamente.)
"Sai che novità", direbbero i miei 3 lettori.
Avete ragione anche voi, ma una piccola parentesi ci vuole.
Amo la scuola, stare insieme a 24 ragazzi della mia stessa età per mezza giornata, apprendere, discutere.
Crescere, sotto un certo punto di vista.
Però.
Però ci sono i compiti in classe. Le interrogazioni.
Le verifiche.
Perchè il concetto è sempre quello. Dobbiamo controllare come cresci, cosa apprendi. Dobbiamo starti dietro.
Mica possiamo lasciarti credere che la vita poi sia così facile.
Mica devi crescere.
Devi studiare. Inglobare concetti e regolette, saperli applicare.
Odio i compiti in classe, le interrogazioni, perchè a volte mi fanno odiare qualcosa che amo.
E sono molti, i professori a pensarla come me.
Alcuni te lo fanno notare, altri no.
Alcuni concepiscono il momento della verifica come un ripasso.
Altri se ne fregano.
Devono farlo. Lo fanno. Ma si vede che la loro mente propenderebbe verso altro.
Verso lo stare con 25 ragazzi più giovani per cambiarli. Per migliorarli. Per discutere.
Per farli crescere, sotto un certo punto di vista.
Comunque.
Ci sono diversi gradi di odio per le verifiche.
Vuoi mettere un tema d'italiano con un' interrogazione di storia?
Una versione di latino con biologia?
Un colloquio di filosofia con un compito d'inglese?
I compiti d'inglese.
Eh, sì. I compiti d'inglese.
Perchè all'odio verso il compito in sè, lì si aggiunge anche l'odio verso il modo in cui sono insegnate le lingue.
Perchè a scuola non si insegna l'inglese, ma - se tutto va bene - le regolette dell'inglese.
Si dice "if I were", non "if I was". E se dici "if I was" è l'errore più grande della tua vita.
Bullshit.
Sì, ok. In teoria la forma corretta è "if I were".
Ma solo le vecchiette di 65 anni, in testa classico cappello piume-frutta, vestitino arzigogolato sixty-five pounds Harrods, effettivamente lo dicono.
O tutte quelle inutili differenze tra present perfect e present perfect progressive. Chè "I have lived" o "I have been living" non significa la stessa cosa, secondo loro.
In ogni caso.
C'è una regoletta inutile dell'inglese che, nonostante tutto, mi piace.
Ed è quella relativa al "dovere".
Must.
Have to.
Perchè, secondo le professoresse d'inglese delle medie e qualche omino formato "accademia della crusca oxfordiana", c'è una differenza.
"Must" indica un dovere morale. "Have to" qualcosa di imposto dall'esterno.
Ecco, questa cosa mi ha sempre affascinato.
Perchè molto probabilmente, se in inglese non ci fosse questa sfumatura, io non c'avrei pensato.
Che ci sono due forme di "dovere", intendo.
Che ci sono i "must" e gli "have to".
E che dovremmo cercare di riempire la nostra vita di "must". Di "I must".
Rifiutare tutti gli "have to" del caso, e concentrarsi solo su ciò che riteniamo giusto. Su ciò che dobbiamo fare perchè sentiamo di dover fare.
And fuck all the bloody rest, aggiungerebbero i britannici.
(Ma non la prof. delle medie, ovviamente.)
11 agosto 2010
Perle ai porci/4
La natura ci ha fatti pronti allo studio. E questo non sarà forse comprovato, se ognuno rifletterà su quanto desiderio si ha di conoscere cose ignote, o su quanto ci si ecciti a tutti i racconti?
Navighiamo, tollerando gli sforzi della lunghissima navigazione per la ricompensa di conoscere qualcosa di remoto e lontano.
Per questo desiderio di conoscere, il popolo si raduna negli spettacoli, per questo si legge la storia, per questo vogliamo sapere i costumi di popoli stranieri.
La natura ci ha dato l'inclinazione alla curiosità e ci ha resi spettatori di spettacoli tanto belli e tanto splendenti non tanto per essere vista, quanto per essere ammirata.
Seneca, come al solito barbaramente tradotto dal sottoscritto.
Navighiamo, tollerando gli sforzi della lunghissima navigazione per la ricompensa di conoscere qualcosa di remoto e lontano.
Per questo desiderio di conoscere, il popolo si raduna negli spettacoli, per questo si legge la storia, per questo vogliamo sapere i costumi di popoli stranieri.
La natura ci ha dato l'inclinazione alla curiosità e ci ha resi spettatori di spettacoli tanto belli e tanto splendenti non tanto per essere vista, quanto per essere ammirata.
Seneca, come al solito barbaramente tradotto dal sottoscritto.
29 giugno 2010
My captain
[Non so perchè ho aspettato tanto tempo]
Cominciò così, una mattina di fine agosto.
"Gli altri genitori mi hanno chiesto di andare a parlare col preside, per il nuovo professore di latino e greco"
"E perchè?"
"E' uno giovane, non si fidano. Io ci vado, pare brutto."
"Fai come vuoi."
Non so se per il mio solito stupido istinto da bastian contrario o proprio per il fatto che fosse "uno giovane", ma quella mattina capii che le ore di latino e greco avrebbero potuto avere un senso.
E l'impressione fu confermata.
Perfettamente.
Lo ricordo bene, il primo giorno di scuola. Parlò del ruolo che dovrebbe avere la letteratura: elevarci, farci volare sopra la mediocrità di una massa che non deve attrarci per nessun motivo.
Disse quella parola: mediocrità. E io andai in solluchero, come avrebbe scritto qualcuno che immagino piaccia tanto anche a lei.
Mi hanno raccontato che quella mattina non feci altro che sorridere estasiato alle sue parole. Forse non avrei dovuto. Forse avrà pensato che ero il solito lecchino da quattro soldi.
Forse lo sono davvero.
Ma non finsi, quella mattina. Ero davvero felice di poter passare un anno con lei.
Le prime lezioni furono di ambientamento. Grammatica latina e greca. Soprattutto greca.
C'era questa cosa del dover darci delle basi di grammatica.
Allora non capivo perchè. Alla fine Orwell lo leggiamo in italiano, no?
E poi cominciammo davvero. Cicerone, le orazioni. La filosofia. I dibattiti interminabili sul senso di molte cose che ci circondano. Lucrezio, il male di vivere. Il non poter mai fuggire da se stessi. Le catene infinite di mali.
E Le battutine su Berlusconi. Che capivamo in tre, ovviamente. E quelle su Quagliarella e su Amauri, che non fanno mai male.
Perchè Catullo e Fantacalcio possono essere due facce della stessa medaglia, e questo l'ho capito da lei.
E da lei ho capito che bisogna guardare le cose da un'altra angolazione, che bisogna vincere i nostri pregiudizi e guardare davvero la realtà, che un'idea non deve mai essere distorta dall'interpretazione. Lei mi ha insegnato che il bello esiste, ed è nostro compito scoprirlo e parteciparvi.
Abbiamo parlato di tante cose. Marx, Nietzsche, Euripide. Lo spirito della tragedia, di cui parlare con gli amici bevendo una birra, ovviamente.
E poi la storia, il suo ruolo, Erodoto e il rispetto per altre culture. Tucidide e la ricerca della verità come scopo di una vita.
Mi ha mandato tanti messaggi. Alcuni facilmente intuibili e altri un po' più nascosti.
Una volta ci fece scrivere un testo. Approfondimento critico su Antigone. Parlai di Anna Politkovskaja e lei mi disse che -fondamentalmente- era banale.
E aveva ragione, quasi come sempre.
Lei mi ha insegnato a camminare nel mio modo.
E poi mi ha regalato un libro. Un giorno che avrei dovuto essere a scuola e che invece andai a manifestare contro qualcosa che non capivo e che ancora continuo a non capire.
I racconti di Pietroburgo, di Gogol. Perchè è così che si protesta. Lasciando segni tangibili, che restano.
Resteranno tante cose.
E mi mancherà, può starne certo.
Cominciò così, una mattina di fine agosto.
"Gli altri genitori mi hanno chiesto di andare a parlare col preside, per il nuovo professore di latino e greco"
"E perchè?"
"E' uno giovane, non si fidano. Io ci vado, pare brutto."
"Fai come vuoi."
Non so se per il mio solito stupido istinto da bastian contrario o proprio per il fatto che fosse "uno giovane", ma quella mattina capii che le ore di latino e greco avrebbero potuto avere un senso.
E l'impressione fu confermata.
Perfettamente.
Lo ricordo bene, il primo giorno di scuola. Parlò del ruolo che dovrebbe avere la letteratura: elevarci, farci volare sopra la mediocrità di una massa che non deve attrarci per nessun motivo.
Disse quella parola: mediocrità. E io andai in solluchero, come avrebbe scritto qualcuno che immagino piaccia tanto anche a lei.
Mi hanno raccontato che quella mattina non feci altro che sorridere estasiato alle sue parole. Forse non avrei dovuto. Forse avrà pensato che ero il solito lecchino da quattro soldi.
Forse lo sono davvero.
Ma non finsi, quella mattina. Ero davvero felice di poter passare un anno con lei.
Le prime lezioni furono di ambientamento. Grammatica latina e greca. Soprattutto greca.
C'era questa cosa del dover darci delle basi di grammatica.
Allora non capivo perchè. Alla fine Orwell lo leggiamo in italiano, no?
E poi cominciammo davvero. Cicerone, le orazioni. La filosofia. I dibattiti interminabili sul senso di molte cose che ci circondano. Lucrezio, il male di vivere. Il non poter mai fuggire da se stessi. Le catene infinite di mali.
E Le battutine su Berlusconi. Che capivamo in tre, ovviamente. E quelle su Quagliarella e su Amauri, che non fanno mai male.
Perchè Catullo e Fantacalcio possono essere due facce della stessa medaglia, e questo l'ho capito da lei.
E da lei ho capito che bisogna guardare le cose da un'altra angolazione, che bisogna vincere i nostri pregiudizi e guardare davvero la realtà, che un'idea non deve mai essere distorta dall'interpretazione. Lei mi ha insegnato che il bello esiste, ed è nostro compito scoprirlo e parteciparvi.
Abbiamo parlato di tante cose. Marx, Nietzsche, Euripide. Lo spirito della tragedia, di cui parlare con gli amici bevendo una birra, ovviamente.
E poi la storia, il suo ruolo, Erodoto e il rispetto per altre culture. Tucidide e la ricerca della verità come scopo di una vita.
Mi ha mandato tanti messaggi. Alcuni facilmente intuibili e altri un po' più nascosti.
Una volta ci fece scrivere un testo. Approfondimento critico su Antigone. Parlai di Anna Politkovskaja e lei mi disse che -fondamentalmente- era banale.
E aveva ragione, quasi come sempre.
Lei mi ha insegnato a camminare nel mio modo.
E poi mi ha regalato un libro. Un giorno che avrei dovuto essere a scuola e che invece andai a manifestare contro qualcosa che non capivo e che ancora continuo a non capire.
I racconti di Pietroburgo, di Gogol. Perchè è così che si protesta. Lasciando segni tangibili, che restano.
Resteranno tante cose.
E mi mancherà, può starne certo.
23 giugno 2010
Perle ai porci/3
Ma in quel momento io solo fra i pritani mi opposi a voi, per non fare niente contro la legge, e votai contro. E mentre c'erano oratori pronti a denunciarmi e a trascinarmi in giudizio e voi gridavate e li incitavate, io pensavo che era per me doveroso rischiare il tutto per tutto con la legge e la giustizia, piuttosto che stare con voi deliberando cose ingiuste, per paura della prigione o della morte. [...]
E anche allora, tuttavia, provai non a parole ma con i fatti che della morte non m'importa - se non è detto troppo rusticamente - proprio nulla, mentre non agire in modo ingiusto ed empio mi sta del tutto a cuore. Perciò quel governo, pur essendo così potente, non mi turbò tanto da indurmi a fare qualcosa di ingiusto, e, uscito dal Tholo, mentre gli altri quattro erano andati a Salamina a prendere Leonte, io mi ero allontanato e me ne ero andato a casa.
Platone, seconda prova dell'esame di maturità.
Ecco.
Al prossimo che mi dirà qualcosa tipo "ma sei pazzo ad aver preso il Classico!", io farò vedere questo.
Altro che logaritmi.
E anche allora, tuttavia, provai non a parole ma con i fatti che della morte non m'importa - se non è detto troppo rusticamente - proprio nulla, mentre non agire in modo ingiusto ed empio mi sta del tutto a cuore. Perciò quel governo, pur essendo così potente, non mi turbò tanto da indurmi a fare qualcosa di ingiusto, e, uscito dal Tholo, mentre gli altri quattro erano andati a Salamina a prendere Leonte, io mi ero allontanato e me ne ero andato a casa.
Platone, seconda prova dell'esame di maturità.
Ecco.
Al prossimo che mi dirà qualcosa tipo "ma sei pazzo ad aver preso il Classico!", io farò vedere questo.
Altro che logaritmi.
21 giugno 2010
Riforme/2
Qualche settimana fa sì è fatto un gran vociare della proposta, piuttosto stupida e insensata, di un parlamentare del PDL, tal Giorgio Rosario Costa, di posticipare il primo giorno di lezioni al 1° ottobre, perchè così "si aiuterebbe il settore turistico".
Lì per lì non ci feci molto caso. Sapevo benissimo che si trattava di una boutade, messa su per iniziativa personale di un povero fesso in cerca di notorietà. E si capiva benissimo sia dal contenuto in sè che dalla forma in cui la proposta era stata avanzata.
Il fatto che una signora, che dimostra ogni giorno di più di non capirci molto del settore che le è stato assegnato, abbia avuto la geniale idea di dire cose del genere, è un altro discorso.
Comunque sia, ora che si avvicinano gli esami di maturità, Costa mi è tornato in mente.
Perchè se c'è una cosa di cui sono certo è che noi, in quanto italiani, abbiamo poca voglia di cambiare.
Ci arrocchiamo sulle nostre poche certezze, pensiamo che troppe regole non si possano toccare, e lo facciamo apriosticamente.
Perchè "più o meno le cose funzionano", perchè "va così da 70 anni", perchè "non capisco perchè rischiare di sbagliare e peggiorare le cose",
Ecco, c'è un solo problema. Se le cose "più o meno funzionano", vuol dire banalmente che possono funzionare meglio.
E una riforma del calendario scolastico io - sinceramente - la vedrei bene.
Allora ho preso carta, penna e diario e ho provato a buttare giù qualche idea, come feci qualche tempo fa per l'orario.
Lì per lì non ci feci molto caso. Sapevo benissimo che si trattava di una boutade, messa su per iniziativa personale di un povero fesso in cerca di notorietà. E si capiva benissimo sia dal contenuto in sè che dalla forma in cui la proposta era stata avanzata.
Il fatto che una signora, che dimostra ogni giorno di più di non capirci molto del settore che le è stato assegnato, abbia avuto la geniale idea di dire cose del genere, è un altro discorso.
Comunque sia, ora che si avvicinano gli esami di maturità, Costa mi è tornato in mente.
Perchè se c'è una cosa di cui sono certo è che noi, in quanto italiani, abbiamo poca voglia di cambiare.
Ci arrocchiamo sulle nostre poche certezze, pensiamo che troppe regole non si possano toccare, e lo facciamo apriosticamente.
Perchè "più o meno le cose funzionano", perchè "va così da 70 anni", perchè "non capisco perchè rischiare di sbagliare e peggiorare le cose",
Ecco, c'è un solo problema. Se le cose "più o meno funzionano", vuol dire banalmente che possono funzionare meglio.
E una riforma del calendario scolastico io - sinceramente - la vedrei bene.
Allora ho preso carta, penna e diario e ho provato a buttare giù qualche idea, come feci qualche tempo fa per l'orario.
Inizio lezioni: 01/09
Primo trimestre:
Settembre: 26 giorni
Ottobre: 26 giorni
Novembre: 24 giorni ( sospensione il 1/11 e il 2/11 )
Secondo trimestre:
Dicembre: 17 giorni ( sospensione dal 20/12 al 31/12 )
Gennaio: 15 giorni ( sospensione dal 1/01 al 13/01 )
Febbraio: 24 giorni
Marzo: 12 giorni ( fino al 15/03 )
Terzo trimestre:
Marzo: 12 giorni
Aprile: 17 giorni ( sospensione per tre giorni a Pasqua - dom, lun, mar - e dal 25/04 al 30/04 )
Maggio: 25 giorni ( sospensione il 1/05 e il 2/05 )
Giugno: 16 giorni ( sospensione il 2/06 )
Fine lezioni: 20/06
Totale: 206 giorni di scuola
3 giugno 2010
Il senso è un altro
Del mio strano rapporto con la prof.ssa G.d.C. devo aver già parlato, in questo blog.
Io ho profonda stima per lei, sia chiaro.
Tutto sommato, è una buona insegnante: fa il suo lavoro egregiamente, mettendoci tutto l'impegno e la dedizione possibile.
Chissà, magari tra qualche tempo riuscirò anche a ricordarla con un sorriso, pensando alla sua mania per il silenzio a tutti i costi e le sue interrogazioni fiume con le solite 3 domande alternate.
Chissà, magari tra un po' di anni sarà anche riuscita a raggiungre il suo obiettivo di farmi ricordare qualcosina di Tasso o Machiavelli.
Ma c'è un problema.
Non ci capiamo, noi due. E la mancanza di comprensione, inevitabilmente, genera fastidio in lei - che a 60 anni tutto sommato si fa un baffo delle mie idee da adolescentucolo da 2 soldi - e in me - zeppo di ideali che forse non valgono più della sua stima - odio.
Martedì, durante l'ennesima spiegazione di Parini, si è prodigata in una delle sue divagazioni sul valore delle tradizioni, sull'importanza della nostra cultura, sul ruolo fondamentale delle nostre radici.
Una divagazione sul crocifisso, chè "ce lo volevano anche far togliere dalle scuole, e annullare la nostra identità".
Una divagazione come tante, condita da quella solita esilarante espressione facciale da "spostatevi, ragazzini, lasciatemi lavorare, chè ne so molto più di voi".
Una divagazione alla quale di solito si sorride e si annuisce, per poi mandare la professoressa dove meriterebbe, ma solo dopo averla vista uscire dall'aula.
Ecco, io martedì ho fatto un errore.
Forse perchè siamo a giugno, forse perchè ero stanco, forse perchè ormai i nostri compiti li aveva già corretti.
Forse, più semplicemente, perchè aveva passato il segno.
Martedì, invece di sorridere e annuire, ho avuto una pessima idea. Quella di fare una faccia a metà tra lo schifato e l'irridente. E al suo urlo "ma cos'hai da guardare così, Vassalotti?" quella di rispondere e dire - più o meno - quello che penso, tra i sorrisetti sarcastici dei compagni di classe e la sua espressione meravigliata.
Martedì sono stato gentilmente zittito dalla prof.ssa, "chè sta per suonare e non possiamo perdere tempo."
Fin qui, direte voi, niente di strano.
Solo un diverbio tra professoressa e alunno, come tanti ce ne saranno stati nella storia dei licei italiani. Azione, reazione e controreazione.
Ma la cosa meravigliosa è successa oggi.
Perchè oggi - dopo l'armistizio dettato dal 2 giugno - la prof.ssa. G.d.C. si è sentita in dovere di riprendere l'argomento.
E con un sorriso, dettato più dal 9 del mio compito che da altro, mi ha spiegato che un albero senza radici non può esistere, che ci può essere un orto botanico con tanti alberi ma ognuno ancorato alle proprie tradizioni, che non dobbiamo perdere l'orgoglio per il nostro passato.
Lo so. Probabilmente avrei dovuto spiegarle che l'umanità è composta da persone, e non da alberi.
Non ce l'ho fatta.
Ho sorriso. Ho annuito.
Sorriso che si è mantenuto quando mi ha fatto capire, con una correzione, di non aver capito nulla del senso del mio finale.
Perchè ha genialmente deciso di aggiungere un "per lui" nella frase "resta nel lettore la consapevolezza che Dulcinea era davvero la donna più bella del mondo".
Non ce l'ho fatta ad alzarmi e a dirle, gentilmente, che il senso era completamente un altro.
Ho sorriso. Ho annuito.
Si può essere felici anche restando per sempre incollati ai nostri stretti confini.
E io le auguro tutta la felicità di questo mondo, prof.ssa.
Io ho profonda stima per lei, sia chiaro.
Tutto sommato, è una buona insegnante: fa il suo lavoro egregiamente, mettendoci tutto l'impegno e la dedizione possibile.
Chissà, magari tra qualche tempo riuscirò anche a ricordarla con un sorriso, pensando alla sua mania per il silenzio a tutti i costi e le sue interrogazioni fiume con le solite 3 domande alternate.
Chissà, magari tra un po' di anni sarà anche riuscita a raggiungre il suo obiettivo di farmi ricordare qualcosina di Tasso o Machiavelli.
Ma c'è un problema.
Non ci capiamo, noi due. E la mancanza di comprensione, inevitabilmente, genera fastidio in lei - che a 60 anni tutto sommato si fa un baffo delle mie idee da adolescentucolo da 2 soldi - e in me - zeppo di ideali che forse non valgono più della sua stima - odio.
Martedì, durante l'ennesima spiegazione di Parini, si è prodigata in una delle sue divagazioni sul valore delle tradizioni, sull'importanza della nostra cultura, sul ruolo fondamentale delle nostre radici.
Una divagazione sul crocifisso, chè "ce lo volevano anche far togliere dalle scuole, e annullare la nostra identità".
Una divagazione come tante, condita da quella solita esilarante espressione facciale da "spostatevi, ragazzini, lasciatemi lavorare, chè ne so molto più di voi".
Una divagazione alla quale di solito si sorride e si annuisce, per poi mandare la professoressa dove meriterebbe, ma solo dopo averla vista uscire dall'aula.
Ecco, io martedì ho fatto un errore.
Forse perchè siamo a giugno, forse perchè ero stanco, forse perchè ormai i nostri compiti li aveva già corretti.
Forse, più semplicemente, perchè aveva passato il segno.
Martedì, invece di sorridere e annuire, ho avuto una pessima idea. Quella di fare una faccia a metà tra lo schifato e l'irridente. E al suo urlo "ma cos'hai da guardare così, Vassalotti?" quella di rispondere e dire - più o meno - quello che penso, tra i sorrisetti sarcastici dei compagni di classe e la sua espressione meravigliata.
Martedì sono stato gentilmente zittito dalla prof.ssa, "chè sta per suonare e non possiamo perdere tempo."
Fin qui, direte voi, niente di strano.
Solo un diverbio tra professoressa e alunno, come tanti ce ne saranno stati nella storia dei licei italiani. Azione, reazione e controreazione.
Ma la cosa meravigliosa è successa oggi.
Perchè oggi - dopo l'armistizio dettato dal 2 giugno - la prof.ssa. G.d.C. si è sentita in dovere di riprendere l'argomento.
E con un sorriso, dettato più dal 9 del mio compito che da altro, mi ha spiegato che un albero senza radici non può esistere, che ci può essere un orto botanico con tanti alberi ma ognuno ancorato alle proprie tradizioni, che non dobbiamo perdere l'orgoglio per il nostro passato.
Lo so. Probabilmente avrei dovuto spiegarle che l'umanità è composta da persone, e non da alberi.
Non ce l'ho fatta.
Ho sorriso. Ho annuito.
Sorriso che si è mantenuto quando mi ha fatto capire, con una correzione, di non aver capito nulla del senso del mio finale.
Perchè ha genialmente deciso di aggiungere un "per lui" nella frase "resta nel lettore la consapevolezza che Dulcinea era davvero la donna più bella del mondo".
Non ce l'ho fatta ad alzarmi e a dirle, gentilmente, che il senso era completamente un altro.
Ho sorriso. Ho annuito.
Si può essere felici anche restando per sempre incollati ai nostri stretti confini.
E io le auguro tutta la felicità di questo mondo, prof.ssa.
26 maggio 2010
Perle ai porci/1
La fuga è... sciatta. Obbliga a comportamenti affrettati, impropri, soprattutto per chi si pretende cultore della bellezza. Ma a sessantaquattro anni, il culto della bellezza t'accorgi... io, almeno, mi accorgo... che non è e non poteva essere il punto d'arrivo. Tutta la vita pensi a... ad arredarti. E non hai torto. I marmi, i mosaici, gli stucchi, ti aiutano. Ti incoraggiano. Ma a un certo punto trovi che i mosaici si staccano, che l'intonaco è marcio e n o n t e n e i m p o r t a. Anzi. Sotto l'intonaco ritrovi la pietra. I mattoni. Le cose ferme. Tutta un'altra consistenza. Un'altra durata. Solo che nella vita, fino all'ultimo, non sai mai mai qual è l'intonaco e qual è... l'essenziale.
Cicerone, o Fruttero, o Lucentini. O tutti e tre.
Cicerone, o Fruttero, o Lucentini. O tutti e tre.
25 maggio 2010
Frase del giorno
No, dai, aspetta, lo so cos'è, il pidielle. Il partito democratico delle libertà!
G.A., sempre lei.
22 maggio 2010
I did it again
Io ho una teoria sui libri. Secondo me, tutta la letteratura può essere divisa in due grandi gruppi: i libri che bisogna leggere per sapere di cosa parlino e i classici.
I classici sono quei libri che, bene o male, tutti conoscono. I libri che segnano dei periodi storici, che entrano a far parte della mentalità di un popolo, i libri la cui trama può essere chiesta anche a un bambino.
Anche se, in realtà, sono davvero in pochi ad averli letti.
Il "Don Chisciotte", ovviamente, è un classico.
[...]
Io sono certo solo di una cosa. Sono convinto che, alla fine, bisogna rivolgere la nostra attenzione sulle cose che restano.
E cosa resta, di un'opera incredibilmente complessa come il Don Chisciotte?
Resta l'ingenuità, restano i mulini a vento, resta la lotta contro chi non potrà mai essere sconfitto. Restano le sorprese di un'anima tiranna, che trasforma coi suoi trucchi la realtà che hai lì davanti, che ti apre nuovi occhi e riaccende i sentimenti, come avrebbe cantato Guccini 300 anni dopo. Resta la solitaria guerra di un cavaliere senza paura, senza timori, e la sua voglia matta di vendicare le offese, di raddrizzare i torti, di riparare le ingiustizie, di distruggere gli abusi.
Resta questo.
E resta, nel lettore, una consapevolezza. La consapevolezza che, forse, il nostro eroe dell'eterna giovinezza aveva ragione. Che quella fiamma nel suo potente guscio di ferro, forse, gli dettava la strada giusta. Che Dulcinea, anche se in realtà si chiamava Aldonza, era davvero la donna più bella del mondo.
La prese bene, quell'altra volta.
Chissà come si comporterà ora.
I classici sono quei libri che, bene o male, tutti conoscono. I libri che segnano dei periodi storici, che entrano a far parte della mentalità di un popolo, i libri la cui trama può essere chiesta anche a un bambino.
Anche se, in realtà, sono davvero in pochi ad averli letti.
Il "Don Chisciotte", ovviamente, è un classico.
[...]
Io sono certo solo di una cosa. Sono convinto che, alla fine, bisogna rivolgere la nostra attenzione sulle cose che restano.
E cosa resta, di un'opera incredibilmente complessa come il Don Chisciotte?
Resta l'ingenuità, restano i mulini a vento, resta la lotta contro chi non potrà mai essere sconfitto. Restano le sorprese di un'anima tiranna, che trasforma coi suoi trucchi la realtà che hai lì davanti, che ti apre nuovi occhi e riaccende i sentimenti, come avrebbe cantato Guccini 300 anni dopo. Resta la solitaria guerra di un cavaliere senza paura, senza timori, e la sua voglia matta di vendicare le offese, di raddrizzare i torti, di riparare le ingiustizie, di distruggere gli abusi.
Resta questo.
E resta, nel lettore, una consapevolezza. La consapevolezza che, forse, il nostro eroe dell'eterna giovinezza aveva ragione. Che quella fiamma nel suo potente guscio di ferro, forse, gli dettava la strada giusta. Che Dulcinea, anche se in realtà si chiamava Aldonza, era davvero la donna più bella del mondo.
La prese bene, quell'altra volta.
Chissà come si comporterà ora.
20 maggio 2010
Frase del giorno
Io non so nemmeno se il Pidielle è di sinistra o di destra. Mi aiuti?
G.A., compagna di banco
17 maggio 2010
Una giornata un po' così
Eschilo, Mgmt, Sofocle
And where do the children play?
Medea, Piper at the gates of down, Nietsche
And from her lips she threw the halleluiah
Marx, Eddie Vedder, G.Vico
And try to set the night on fiiiiiiiiiiire!
Beh, insomma...
Devo dire che non è proprio da buttar via, la stereofonia, mentre si studia.
And where do the children play?
Medea, Piper at the gates of down, Nietsche
And from her lips she threw the halleluiah
Marx, Eddie Vedder, G.Vico
And try to set the night on fiiiiiiiiiiire!
Beh, insomma...
Devo dire che non è proprio da buttar via, la stereofonia, mentre si studia.
27 aprile 2010
Recanati
L'ermo colle
Il brizzolato della guida
La Repubblica del Prof.
Le vittorie a scacchi
La lettera al padre
L'etimo di Recanati
Le cuffie, e il loro essere così inspiegabilmente... rotte
Lo zaino, rigorosamente giù
Le nove ore sull'autobus
I 274321 tag
I 274321 tag rimossi
Shining
Il mare, "blu di un blu che più blu..."
Le disquisizioni musicali con chi ti interrogherà tra una settimana o poco più
Il twitter all'alluminio
La genialità di quell'uomo, sempre che di uomo si possa parlare
Le ragazze addormentate
Bruce e Gerry a palla
"Ma la palla l'avete comprata?"
I nostri destini giocati a tressette
La consapevolezza che - bene o male - questa è stata la mia ultima gita scolastica.
Una delle migliori, forse.
Il brizzolato della guida
La Repubblica del Prof.
Le vittorie a scacchi
La lettera al padre
L'etimo di Recanati
Le cuffie, e il loro essere così inspiegabilmente... rotte
Lo zaino, rigorosamente giù
Le nove ore sull'autobus
I 274321 tag
I 274321 tag rimossi
Shining
Il mare, "blu di un blu che più blu..."
Le disquisizioni musicali con chi ti interrogherà tra una settimana o poco più
Il twitter all'alluminio
La genialità di quell'uomo, sempre che di uomo si possa parlare
Le ragazze addormentate
Bruce e Gerry a palla
"Ma la palla l'avete comprata?"
I nostri destini giocati a tressette
La consapevolezza che - bene o male - questa è stata la mia ultima gita scolastica.
Una delle migliori, forse.
16 aprile 2010
Dialoghi scolastici
c.d.c. 1: Ricordati che marx è comunista ed è solo un'inutile e irritante perdita di tempo studiare il suo pensiero
c.d.c 2: ed io ti vorrei ricordare che la professoressa STRAVEDE per Marx.. il che significa che, vuole saperlo alla perfezionee! -.-'''
c.d.c. 1: Lo so ma fa niente io l'ho un pò studiato e non mi piace per niente..voglio vede che combina l'anno prossimo con il fascismo.. voglio proprio vede
Dove "c.d.c" sta per "compagno di classe", ovviamente.
c.d.c 2: ed io ti vorrei ricordare che la professoressa STRAVEDE per Marx.. il che significa che, vuole saperlo alla perfezionee! -.-'''
c.d.c. 1: Lo so ma fa niente io l'ho un pò studiato e non mi piace per niente..voglio vede che combina l'anno prossimo con il fascismo.. voglio proprio vede
Dove "c.d.c" sta per "compagno di classe", ovviamente.
10 aprile 2010
A misura di una mazza
Ieri, da rappresentante di classe premuroso e ligio al dovere quale il vostro umile bloggettaro modestamente è, ho dovuto armarmi di coraggio, spirito civico e una buona dose di pazienza per affrontare il consiglio. Il consiglio di classe.
Cos'è?
Domanda giusta, per chi è uscito dal liceo da più di un paio d'anni. Cito direttamente wikipedia, chè si fa prima e meglio.
Detto questo, torniamo al nostro piccolo apologo.
Alle 5 esatte del pomeriggio, con una puntualità che - devo dire - ha stupito anche il sottoscritto, ero lì, nel cortile dell'unico Liceo Classico della nostra meravigliosa cittadina.
Sono entrato nell'edificio e ho chiesto con tono umile e dimesso se fosse effettivamente quello, il giorno in cui si riuniva il consiglio della II B.
Dopo aver ricevuto un simpatico grugnito di assenso da parte del bidello, ho salito le scale che conducono alla presidenza, e bussato sommessamente alla porta, accolto da professori chiacchiericcianti e dalla cavernosa voce del preside.
"Manca la tua compagna. Aspettiamo altri cinque minuti".
Ma la mia compagna non è arrivata, e si è cominciato.
Sono le 5:07 pm.
"Buonasera ai docenti e ai rappresentanti della componente alunni e della componente genitori. Se non manca nessuno, direi che possiamo cominciare. Verbalizza lei, prof.ssa. G.d.C?"
"Certo. Verbalizzo io, sig. Preside."
"Bene. L'ordine del giorno riguarda l'adozione dei nuovi libri di testo. Sono tutti confermati, vero?"
"Sì, signor preside. Tutti confermati."
"Verbalizza lei, prof.ssa. G.d.C?"
"Certo. Verbalizzo io, sig. Preside."
"Verbalizzi, prof.ssa G.d.C. Il rappresentante dei genitori deve aggiungere qualcosa?"
"Io no, sig. Preside. Nessuno degli altri genitori mi ha chiamato per espormi eventuali problematiche. Evidentemente non ce ne sono."
"Verbalizza lei, prof.ssa. G.d.C?"
"Certo. Verbalizzo io, sig. Preside."
"Scusatemi... Io avrei da dire una cosa..."
"Chi sei tu? Ah, il ragazzo. Sì, dicci pure."
"Sì, mi scusi... Noi alunni avremmo avuto dei problemi con inglese. Non abbiamo un libro di grammatica e sintassi. E ci troviamo male anche con il testo di letteratura. Molti di noi stanno cercando di risolvere la questione con delle fotocopie, ma non è così facile. Non abbiamo tutti la fotocopiatrice, a casa."
"In ogni caso, non è possibile cambiarlo. Dovresti saperlo."
"Sì. Lo so."
"Verbalizzo, sig.Preside?"
"Verbalizzi, prof.ssa G.d.C. I rappresentanti possono anche uscire, grazie per la partecipazione."
Sono le 5:13 p.m.
Cos'è?
Domanda giusta, per chi è uscito dal liceo da più di un paio d'anni. Cito direttamente wikipedia, chè si fa prima e meglio.
Il consiglio di classe è un organo collegiale della scuola italiana, al quale partecipa il preside, il corpo docenti, due rappresentanti degli alunni e due dei gentori.
Detto questo, torniamo al nostro piccolo apologo.
Alle 5 esatte del pomeriggio, con una puntualità che - devo dire - ha stupito anche il sottoscritto, ero lì, nel cortile dell'unico Liceo Classico della nostra meravigliosa cittadina.
Sono entrato nell'edificio e ho chiesto con tono umile e dimesso se fosse effettivamente quello, il giorno in cui si riuniva il consiglio della II B.
Dopo aver ricevuto un simpatico grugnito di assenso da parte del bidello, ho salito le scale che conducono alla presidenza, e bussato sommessamente alla porta, accolto da professori chiacchiericcianti e dalla cavernosa voce del preside.
"Manca la tua compagna. Aspettiamo altri cinque minuti".
Ma la mia compagna non è arrivata, e si è cominciato.
Sono le 5:07 pm.
"Buonasera ai docenti e ai rappresentanti della componente alunni e della componente genitori. Se non manca nessuno, direi che possiamo cominciare. Verbalizza lei, prof.ssa. G.d.C?"
"Certo. Verbalizzo io, sig. Preside."
"Bene. L'ordine del giorno riguarda l'adozione dei nuovi libri di testo. Sono tutti confermati, vero?"
"Sì, signor preside. Tutti confermati."
"Verbalizza lei, prof.ssa. G.d.C?"
"Certo. Verbalizzo io, sig. Preside."
"Verbalizzi, prof.ssa G.d.C. Il rappresentante dei genitori deve aggiungere qualcosa?"
"Io no, sig. Preside. Nessuno degli altri genitori mi ha chiamato per espormi eventuali problematiche. Evidentemente non ce ne sono."
"Verbalizza lei, prof.ssa. G.d.C?"
"Certo. Verbalizzo io, sig. Preside."
"Scusatemi... Io avrei da dire una cosa..."
"Chi sei tu? Ah, il ragazzo. Sì, dicci pure."
"Sì, mi scusi... Noi alunni avremmo avuto dei problemi con inglese. Non abbiamo un libro di grammatica e sintassi. E ci troviamo male anche con il testo di letteratura. Molti di noi stanno cercando di risolvere la questione con delle fotocopie, ma non è così facile. Non abbiamo tutti la fotocopiatrice, a casa."
"In ogni caso, non è possibile cambiarlo. Dovresti saperlo."
"Sì. Lo so."
"Verbalizzo, sig.Preside?"
"Verbalizzi, prof.ssa G.d.C. I rappresentanti possono anche uscire, grazie per la partecipazione."
Sono le 5:13 p.m.
8 aprile 2010
Carlommarcs
Ti svegli, la mattina di un tranquillo giorno d'aprile, e non hai la benchè minima idea che questo sarà il giorno in cui scoprirai Karl Marx.
A seguire qualche stupida considerazione, o magari no.
A seguire qualche stupida considerazione, o magari no.
27 marzo 2010
Frase del giorno
Non dico che bisognerebbe recuperare lo spirito delle crociate, ai nostri giorni, ma ci vorrebbe un movimento simile, a difesa delle nostre tradizioni
Prof.ssa. G.d.C. ( sì, ancora lei )
26-03-2010, 10:36
25 marzo 2010
Giuliana risponde
Attento! Non commettere lo stesso errore degli intellettuali del medio evo. Tutto va storicizzato, come insegnava l'umanesimo!
La puntata precedente, qui
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