Ecco. A chi la fortuna di vedere qualche partita di tennis, sarà sicuramente capitato di dover rispondere alla fatidica domanda .
"Ma, senti un po'... quanto dura, una partita?".
Il tennis è come il cricket, o come la pallavolo di una quindicina di anni fa, prima che il rally system rovinasse tutto.
"Guarda, non c'è una risposta precisa... In teoria anche una settimana."
Perchè la filosofia del tennis è che, se vuoi vincere, devi dimostrare di essere il più forte. Anche quando l'avversario batte a 200 all'ora e devi rispondere.
E allora devi distanziarlo di 2 game.
No way.
Altrimenti si va avanti, fin quando uno dei due giocatori cede. Fin quando uno dei due si dimostra più forte.
Nel 1970 si accorsero, però, che continuare con questo sistema di punteggio voleva dire costringere il pubblico a sorbirsi partite di 5-6 ore.
Che può essere spettacolare una volta, due volte. Tre volte.
Ma alla lunga stanca.
Allora, a West Side, decisero di trovare un modo per risolvere la questione.
Si può dimostrare di essere i più forti anche in un mini game da 7 punti in cui si cambia battuta ogni 2 turni.
E da allora le partite possono ancora teoricamente durare all'infinito (anche nel tie-break bisogna dare due punti all'avversario) ma i tempi si sono, in media, maledettamente ristretti.
Ed è così in tutti i tornei, compresi gli slam.
Ma.
C'è un "ma".
Ma a Wimbledon, Parigi e Melbourne, nel quinto set, niente soluzioni di sorta.
Qui si gioca a tennis, e vince il più forte. Vince chi dà due game all'avversario, e basta.
No way.
E allora può capitare di vedere due giocatori conosciuti solo da chi è nel giro (Mahut e Isner) arrivare al quinto ( 4-6 6-3 7-6 6-7 ), dopo 2 ore e mezzo di gioco, e darsene di dritto, di rovescio e soprattutto di volèe per altre 6.
Adesso sono sul 59-59.
E ricominciano alle 3.
E non ci sarà nessuna monetina, nessuna differenza game, nessuna classifica avulsa a risolvere la questione tra quei 2.
Nel tennis devi dimostrare di essere il più forte.
No way.
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