2 settembre 2010

Nudisti - puntata 5 - Determinismo

Chè la filosofia, purtroppo, non è la mia materia preferita.
Non so se per colpa della mia professoressa, del mio libro, degli autori che ho studiato, della struttura del mio diavolo di cervello.
Non lo so. E’ che proprio non riesco ad appassionarmi al pensiero politico di Platone, alla teoria delle monadi, alla scommessa pascaliana.
Ehi, intendiamoci. Non è che non le studi, non è che non mi piacciano. E’ solo che non riesco ad appassionarmi.

E’ molto, molto più facile essere attratti dalla storia, ad esempio. Perché la storia, tutto sommato, è una grande favoletta. Dicono che la storia sia maestra di vita, dicono che serva a comprendere gli errori del passato per non sbagliare più nel futuro.
Stronzate. La storia è bella perché ci fa tifare. Per una parte o per l’altra.
Perché nella guerra 15-18 teniamo Italia e la vediamo vincere alla fine del paragrafo. Perché i rivoluzionari francesi l’hanno data su a quello stronzo di Luigi XVI, perché proviamo tanta compassione per i poveri operai inglesi del 1839.
Ma va beh, come al solito l’ho presa lunga.

La filosofia, dicevo, non è la mia materia preferita. Ma se affrontata in un certo modo, mi piace. Perché, a volte, anche la filosofia diventa favoletta. Perché, a volte, anche nella filosofia bisogna prendere posizione.
Credente o ateo? Pragmatista o idealista? Marxista o liberale? Relativismo o verità assoluta?
Prendiamo posizione, e cerchiamo di trovare nell’avversario il suo punto debole.
Tipo quella volta che cominciai a odiare profondamente Parmenide, trovando falle in ogni singola parola generata dal suo perverso pensiero. Contestando il fatto che un tizio che afferma di non dover seguire la strada della negazione definisca il suo stramaledettissimo “essere” solo per mezzo di litoti.
L’essere non è possibile che non sia. Non è mobile. Non è “due”. Non è mortale.
Mi sta sulle palle, Parmenide. Non ci posso far niente.
Comunque.

Il grande conflitto filosofico che da sempre mi appassiona un po’ di più è quello tra deterministi e fautori del libero arbitrio.
Ok, forse mi tocca dire cosa diavolo significhi “determinismo”. E Wikipedia docet abbastanza bene, in questo caso.
Il determinismo è l'idea che tutte le cose che accadono nel presente e nel futuro sono una conseguenza necessaria dagli eventi precedenti.
 
Io da piccolo ero determinista. Ancora non sapevo chi diavolo fossero Democrito, Lucrezio, Epicuro o Spinoza, ma condividevo perfettamente il loro pensiero.
Ero convinto che esistesse un universo per ogni singolo istante della nostra vita. Che esistessero milioni, miliardi di universi in cui vivere hinc et nunc. E che il tempo fosse solo il passaggio di una persona da un universo all’altro.
Con gli altri universi già scritti, ovviamente.

Pensavo che non importasse quale decisione si prendesse. Pensavo che – no – mettere i calzini di un colore piuttosto che di un altro non portasse a nessuna conseguenza vitale sugli altri.
E’ tutto già scritto. Punto.
Chè voi starete pensando: chissà che diavolo di tipo deve essere ‘sto cater3, se già a 10 anni si faceva ‘ste gran pippe mentali?
Avete ragione voi, ma dovete sopportarmi.

Comunque, poi ho cambiato idea.
Un po’ perché pensare che le cose succedono perché devono succedere e basta non è determinismo. E’ fatalismo. Un po’ perché vivere una vita pensando che non contino nulla le tue scelte non è facile. Soprattutto a 15 anni.

Però a me l’idea degli universi “hic et nunc” continua ad affascinarmi.
Perché, sì, ok.
Significa annullare il potere delle scelte, e eliminare in un secondo tutti gli stupidi preconcetti dell’homo faber fortunae suae.

Ma significa anche che tutti i momenti della nostra vita sono stati progettati per portare a qualcosa. Per portare a un singolo momento. Significa che tutti i tuoi 45 anni sono stati spesi per arrivare a quell’aumento di stipendio che sognavi da 25. Che tutti i tuoi 87 anni sono stati impiegati per arrivare a quel sorriso della tua nipotina. Che ogni singolo, lurido, istante della tua infelicità ti ha condotto a questo momento di massima gioia.

Che ogni film che hai visto, ogni libro che hai letto, ogni pagina che hai studiato.
Ogni festa in famiglia, ogni stupida canzonetta sentita, ogni chicco d’uva mangiato.
Ogni conversazione con sconosciuti su facebook, ogni trasmissione ascoltata, ogni pezzo da sei minuti scritto.

Ogni singolo momento della tua vita è servito a quelle due ore.
A quelle due ore di pura, infantile gioia.

Chè non esiste un termine migliore per definire questa sensazione.
Perché qualcuno potrebbe dire che è amore, ma non è la stessa cosa.

Due ore di assoluta perfezione. E tutta la vita per arrivarci.

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