16 gennaio 2010

Ieri sera

Torno a casa. Torno a casa dopo una giornata di badminton, conferenze annullate, compiti non fatti e tutte quelle così lì. Arrivo davanti alle grigiastre strisce pedonali davanti all'ufficio di mio padre, rimuginando su italiano e fisica, ascoltando Caterpillar e sfogliando Internazionale, appena comprato. Alla mia destra, un suv 4x4 in seconda fila. Mi impedisce di vedere se stia passando una macchina che potrebbe eventualmente investirmi.
Mi decido ad attraversare. Poi mi fermo. Ho sentito un cikcik, sotto i miei piedi. Arrotolo Internazionale, tolgo le cuffiette e mi concentro sull'oggetto su cui ho poggiato il piede, provando nel buio a capire cosa sia. Accendino? Scatoletta?
Guardo meglio. Lo prendo. E' un cellulare. Un blackberry, acceso, sulle strisce pedonali, vicino ad una macchina in seconda fila, miracolosamente intonso. Chiedo ad un signore con un vago accento argentino se abbia un'idea sul proprietario dell'oggettino. Mi risponde che sì, forse è della proprietaria del suvvone. Mi indica il negozio verso il quale l'ha vista dirigersi. Sto facendo una coša eccezionale, secondo lui.
Stupito di cosa possa ritenersi eccezionale al giorno d'oggi ( ci stupiamo di un ragazzo che vuole riconsegnare un cellulare al suo legittimo proprietario e non di Rosarno ), saluto il simpatico tizio argentino, attraverso le benedette strisce pedonali e mi reco al negozio.
Saluto frettolosamente il commesso e chiedo all'unica cliente se quel cellulare sia suo o meno. 40 anni, capelli neri mossi, vestitino, jeans, collanona e vistoso trucco sugli occhi, sta tranquillamente provando un paio di costosi stivali.
Presa dalla fretta, doveva averlo perso frugando vorticosamente nella borsetta, mi dice. Parla all'amica, è "davvero una sbadata". Si gira poi verso il commesso. Può succedere, è il suo commento. Con un frettolosissimo "grazieggiovanotto", si gira su uno stivale e un tacco a spillo. Dopo una decina di secondi di imbarazzo e un "si figuri", esco e rimango lì, a guardarla, fingendo di fare altro.
Non hai tempo per trovare un parcheggio decente, non hai tempo per aprire la borsa con calma, non hai tempo per un "grazie" leggermente più convinto. Ma hai tempo per quegli schifosi stivali.

Mi giro, guardo l'argentino. E' ancora lì e mi sorride.
Sorrido anch'io.
Ma la prossima volta lo lascio lì, il blackberry. Stronza.

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