10 settembre 2018

24 dicembre 2014

CdP

Negli ultimi giorni il simpatico nome del Romanone nazionale è stato bruciato nell'ordine da:

- Renzi: Renzi incontra Prodi
- Vendola: Vendola: "Se lo volete, Prodi presidente alla quarta"
- Berlusconi: La svolta di Berlusconi: "Prodi al Quirinale"

La mia modesta proposta, per questo Natale, è di brindare - un prosecchino in una mano e una fettona di pandoro nell'altra - con un "auguri di buon Prodi presidente".

Così, giusto per avere la sicurezza che tutto vada come deve andare.

22 luglio 2013

Le Leggi


Chi conosce infallibilmente il modo in cui guarire un paziente non ha certo bisogno di persuaderlo o di chiedergli il suo parere. Il consenso del paziente diventa però tanto più importante quanto meno il medico è sicuro degli effetti della cura. La stessa cosa vale per il politico. Nella misura in cui si indebolisce la certezza del sapere, si deve anche indebolire la perentorietà del potere.

10 luglio 2013

The perks of being Aristotele

Si poteva scrivere una bella recensione di "Noi siamo infinito", traviando Aristotele e buttandosi nel più bieco del personale.
Non l'ho scritta, non la scriverò ora.
Però boh.
"Potenzialità e imperfezione", ecco.

7 luglio 2013

Pointless

Come provare con tutte le forze a specchiarsi in una vecchia foto.

14 giugno 2013

La crociera

"Senza dubbio noi politici vi sembriamo (si era convinto chissà come che Helena fosse la rappresentante delle arti) una banda di gente ordinaria e grossolana; però noi vediamo le due facce delle cose; forse saremo un po' goffi, ma facciamo del nostro meglio per afferrare le situazioni. Invece i vostri artisti trovano le cose sottosopra, si stringono nelle spalle, si girano dall'altra parte - lo ammetto, deve essere bellissimo - e lasciano le cose sottosopra. Ora, a me questo sembra evadere le proprie responsabilità. Inoltre, non siamo nati tutti con il talento artistico."

13 marzo 2013

Reprimenda


Esistono fondamentalmente due modi per rapportarsi a un prodotto culturale in senso lato, che sia una tragedia greca, un dipinto o uno spot del pennello Cinghiale degli anni '80.

Due modi, due prospettive.

La prima è una prospettiva “attualizzante”. Ad esempio, posso leggere Sofocle lasciandomi prendere dalla forza d'animo di Antigone, eroina sola contro un mondo che non condivide i suoi valori e contro il quale combatte con discreti risultati. Oppure posso ammirare Guernica di Picasso per il suo profondo messaggio pacifista. O ancora riguardare Giochi senza Frontiere rimpiangendo gli anni '90 e pensando a quanto si stesse bene allora, quando i boschi erano grandi, la campagna verde, si giocava con il supersantos e non c'era carne di cavallo nei tortellini.
Si può fare, ed è lecito, e merita tutto il mio rispetto.
E spesso è così che nascono i prodotti culturali della contemporaneità. E' così che è nata l'Antigone di Brecht, due millenni e mezzo dopo quella di Sofocle, ambientata nella Germania nazista degli anni '30. E' così che è nata la rivisitazione di Guernica a opera di Ron English, ora in mostra al Mattatoio del Testaccio, è così che questa trasmissione si era arricchita nella prima edizione – breve notazione filologico-autoreferenziale – di uno spazio “Aridatece Giochi senza frontiere”.
Si può fare, è lecito. Merita tutto il mio rispetto.

Poi c'è un'altra prospettiva, quella – per così dire – storica. Ad esempio, leggerò l'Antigone – naturalmente in greco – e cercherò di valutarla sulla base delle caratteristiche strutturali del teatro sofocleo. Oppure guarderò Guernica e ne analizzerò gli influssi delle maschere rituali dell'Africa nera. O ancora ripercorrerò la storia di Giochi senza Frontiere e cercherò di indagare i motivi economici alla base della sua chiusura o la sporgenza degli incisivi di Maria Teresa Ruta.
Si può fare, ci sono schiere di accademici che ci si divertono un mondo, e genera una quantità spropositata di letteratura critica, spesso base per chi voglia poi attualizzare. Merita tutto il mio rispetto.

E poi ci sei tu, che sei entrata nella mia vita giovedì scorso e rimarrai simbolo di un po' di cose. Tu e quelli come te, perchè ce n'è un sacco, di tipi come te, lì fuori. C'è il “tuo” modo.
Ti chiami Caterina Napoleone, sei la curatrice a Pisa di una mostra – peraltro carina, che consiglio – su Bruno Caruso, e non sai quanto spero che tu, per qualche casuale ragione, mi stia ascoltando.
Tu, che “ogni linea è un capolavoro ineguagliabile”. Tu, che ogni idea “è una grande prova di coraggio”. Tu, che ogni opera è “simbolo del percorso intellettuale di un'intera generazione.” Tu, “che ogni adolescente nei primi anni '60 aveva in camera un poster dei Beatles, uno dei Pink Floyd e uno di un quadro di Caruso.” Nei primi anni '60. I Pink Floyd.
Tu, Caterina Napoleone, colonnista anticonformista de “Il Giornale”, fatina della parlantina fluente, puttana del sorriso allusivo. Il tuo modo di approcciarti a un prodotto culturale non è né storico, né attualizzante. E' semplicemente idiota.
E' semplicemente idiota. E ti do una notizia: non si può fare, non è divertente, non ha il rispetto di nessuno, non produce un cazzo e si merita solo dei grandi, unici, irripetibili, appassionanti e coinvolgenti calci nel culo.